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San Domenico, Casa di Santa Caterina, Fonte Branda

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Questa promenade senese può partire dal luogo più fiorentino della città, ovvero dalla fortezza medicea, disegnata dall’architetto mediceo Lanci per ordine del Granduca di Toscana, Cosimo I de’ Medici, allorquando nel 1555 conquistò Siena, decretando la fine della libera Repubblica senese, nata alla metà del XIII secolo.

In origine fortilizio delle truppe appena fuori le mura, per controllare e difendersi dai riottosi abitanti, oggi è sede della scuola di jazz ed offre uno dei più ampi panorami su Siena e i suoi monumenti.

Da qui, si può scendere fino alla gotica mole in mattoni della Basilica di San Domenico, edificio unico, poiché privo in effetti di facciata.

Come scrive nel 1907 Arthur Symonds “la grandiosa costruzione gotica rosseggiante di mattoni, massiccia e imponente nella sua semplicità, è uno dei punti di riferimento di Siena. Si erge sull’orlo di uno scoscendimento, dirimpetto alla Cattedrale, e sull’ro ciglio del precipizio si arrampicano case bianche e brune, un tetto sopra l’ro, come un conglomerato di rocce ivi raggruppate in maniera naturale”.

La chiesa è una delle maggiori di Siena, poiché legata alla figura di Santa Caterina Benincasa, patrona d’Europa e unica donna Dottore della Chiesa: carriera folgorante per una povera figlia di un tintore, suora mantellata domenicana, che all’età di venti anni impara a leggere e arriva a scrivere epistole a papi e re, divenendo una delle maggiori figure della cultura e della politica del XIV secolo.

Entrati, sulla destra, nella Cappella delle Volte è conservato il più veritiero ritratto della Santa, dipinto da un suo fedele seguace: il pittore Lippo Vanni, attorno agli anni Ottanta del Trecento.

Più avanti, a destra della navata, nella cappella dedicata a Caterina è possibile vedere, racchiusa in un elegante tabernacolo rinascimentale di marmo dorato, la testa della santa, trasportata da Roma dove Caterina morì nel 1380. La cappella è uno dei grandi esempi di arte senese del Rinascimento: il pavimento, come quello del Duomo, è disegnato ad intarsi marmorei.

Gli affreschi, datati al 1526, sono opera del leonardesco pittore Bazzi, soprannominato Sodoma, raffiguranti le Stigmate di S. Caterina e L’estasi della Santa e possono essere considerati il suo capolavoro. Nel 1873, Henry James di fronte alle pitture annota: “Le donne del Sodoma sono pervase da una strana dolcezza; il tratto più rilevante dell’opera di questo pittore mi sembra essere un sentimento dell’immaginazione caratterizzato da una suasiva capacità d’attrazione, come si può notare bene nel patetico, sentimentale e non di meno piacevole quadro dell’Estasi di Santa Caterina, la grande eroina senese, in San Domenico.

I suoi affreschi possiedono tutti una tale capacità quasi incantata di superamento delle difficoltà dell’arte e una sorta di tenera malinconia, che sono indotto a credere sia la loro componente più sincera”.

Fra le re opere d’arte cospicue della chiesa, giova ricordare in una cappella a sinistra dell’are maggiore, l’antica ed imponente Madonna dei Domenicani databile al 1261 di Guido da Siena, uno dei primi esempi di pittura senese.

La dimora ove Caterina abitò si trova appena dopo la basilica, scendendo, sulla destra, lungo via di Camporegio e poi vicolo del Tiratoio.

L’americano William Dean Howells la ricorda così: “Il prospetto ad archi e colonnine della casa di Santa Caterina si affaccia sulla strada pianeggiante di Fonte Branda, ma vi si giunse dalla via soprastante dalla quale scendemmo attraverso uno sdrucciolo che nessuna carrozza avrebbe potuto percorrere. L’abitazione della santa è stata trasformata, sia al piano terra che al piano soprastante, in un certo numero di cappelle e suppongo che la stessa facciata, troppo elaborata per uso domestico, sia stata rimaneggiata dalle autorità ecclesiastiche. Restano ben poche tracce, o nessuna, della casa di un tempo; la bottega nella quale lavorava il vecchio tintore, padre della santa, è stata trasformata in una cappella con ricche decorazioni in oro, argento, marmi e gemme preziose”.

Dalla casa della santa senese si può discendere fino alle più antiche fonti di Siena, Fonte Branda, risalente al XIII secolo.

Come tutte le fonti medievali di Siena è divisa in tre vasche poste su diversi livelli: la prima vasca con l’acqua più pulita serviva per bere, la seconda per gli animali, la terza, con l’acqua più sporca per lavare i panni, infine, attraverso un rivolo, l’acqua di scarto andava verso i macelli e le concerie.

La fonte era particolarmente amata dallo scrittore inglese John Ruskin. Durante i suoi soggiorni senesi ne disegna i leoni e nella sua autobiografia Praeterita, ne lascia un lirico ricordo notturno; una passeggiata vista insieme all’amico professore di Harvard e studioso d’architettura medievale, Charles Eliot Norton, nel 1882: “Vidi per l’ultima volta la Fonte Branda con Cherles Norton, sotto gli stessi archi da cui la vide Dante. Bevemmo assieme, assieme quella sera a passeggio sulle soprastanti colline, dove le lucciole tra i boschetti odorosi brillavano agitandosi nell’aria non ancora scura.”

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